Sebbene alla vigilia del voto, molti davano per scontato che Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia avrebbero votato per la riconferma di Ursula von der Leyen alla guida della nuova Commissione europea, non sorprende che Meloni e i suoi parlamentari a Strasburgo non abbiano alla fine votato per il candidato indicato dal PPE. Non è un caso, infatti, che Fratelli d’Italia abbia preso la sua decisione dopo il discorso programmatico di Von der Leyen, un discorso di totale apertura verso i Verdi che, non a caso, hanno concentrato i loro voti proprio sul Presidente uscente della Commissione.
Messa all’angolo, Giorgia Meloni non poteva certo votare con Verdi e la sinistra, nonostante la sua stima personale per von del Leyen. Il perché di quanto accaduto ieri a Strasburgo si spiega con i numeri: Ursula ha capito che senza i voti dei Verdi, visti i tanti cecchini, non sarebbe mai stata eletta, e non sarebbero bastati nemmeno quelli che le hanno portato in dote Giorgia Meloni (24 contro 43). Alla fine, la scelta è stata obbligata.
Allo stesso modo, Giorgia Meloni non avrebbe potuto comunque votare per von der Leyen, unendo i suoi voti a quelli dei Verdi: così facendo, avrebbe consegnato la leadership dei conservatori a Orbán in Europa, ecc. Salvini a casa. In breve, le cose non potevano che andare come sono andate.
Detto questo, l’Italia avrà un commissario forte nella futura Commissione e il fatto che il Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani, il giorno prima del voto, ha usato apertamente il nome di Raffaele Fitto come candidato di governo a Bruxelles, questo è un segnale importante: perché bruciare un nome come quello di Fitto se poi alla fine la nomina non si concretizza con un portafoglio adeguato? D’altro canto, il peso dell’Italia nella governance europea è sempre stato concretamente riconosciuto e così sarà anche nelle prossime nomine.
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