I tuoi unici riferimenti in fatto di drag queen sono Chouchou, “La Cage aux folles” e Cabaret Michou? Quindi aspetta lì: dopo il Regno Unito, la Spagna e l’Italia, “RuPaul’s Drag Race”, il reality show americano che ha visto gli artisti competere per più di un decennio. Ha trasformato ed eseguito le prove (trucco, costumi, danza, commedia) preparandosi al suo arrivo in Francia. E tutto questo presto sul podio France.tv rimpicciolire.
In cosa potrebbe consistere un simile concorso? Semplice: prendi dozzine di drag queen da tutti gli Stati Uniti (New York, San Francisco, Chicago, Atlanta…). Assicurati che siano completamente diversi per età, specialità e livello di esperienza (dai comici agli ex ballerini di Broadway, a quelli che hanno appena imparato a truccarsi). Rinchiudili per qualche settimana in uno studio di Los Angeles. Lì, mettili a quiz ispirati a personaggi che sono indispensabili nella vita di una drag queen professionista: scrivi una scenetta e fai ridere il pubblico, crea un costume con pochissime risorse, impara la coreografia o interpreta un ruolo in un fumetto. Musical… senza dimenticare l’ironia degli aspetti più emblematici della cultura americana (lo shopping a distanza, Donald Trump, Madonna…). Infine, lascia che tutto sia giudicato da RuPaul, l’alta sacerdotessa americana di questa arte trasformativa ed ex regina dei locali notturni di New York che ora cerca, ogni stagione, una nuova ereditiera pronta a diffondere il suo messaggio al mondo. Pace, amore e tolleranza.
Perché se “RuPaul’s Drag Race” è la forma più pura di intrattenimento, il suo successo non è dovuto esclusivamente alla qualità dell’azione, o anche all’avvento del “pit crew”, questo esercito di pupazzi oliati fino ai piedi, tra cui un presenza decorativa costellata di certi episodi. Più che una semplice gara di sartoria, commedia o canto, lo spettacolo si è già affermato, nel corso delle tredici stagioni della sua versione americana, come luogo per riflettere sullo stato delle persone della comunità LGBTQ+ negli Stati Uniti, uomini gay che compongono il grosso dei nominati… Dopo aver frettolosamente realizzato un vestito con la roba della discarica, o con un servizio fotografico subacqueo, non è raro vedere i partecipanti, una volta che si sono tolti i loro mestieri (trucco, parrucche, ciglia finte, seni finti, petto finto e glutei) e discutendo tra loro di argomenti diversi e dolorosi come il razzismo all’interno della comunità LGBT, la discriminazione contro le persone che vivono con l’HIV o persino la trans-identità.
Attenzione, però, a non lasciarsi influenzare troppo dalla testimonianza di questo o quel candidato: “RuPaul’s Drag Race” resta una competizione dove i filtri vanno bene. Alla fine di ogni puntata, le due drag queen le cui performance sono state giudicate meno soddisfacenti quel giorno si sfidano in “lip-sync” (uno spettacolo musicale in gioco, un classico della drag art). Da RuPaul, l’amica di lunga data Michelle Visage, ma anche ospiti illustri che vanno dal rapper Nicki Minaj alla rappresentante americana Alexandria Ocasio-Cortez. L’obiettivo: determinare chi merita di rimanere in gara con i $ 100.000 che vanno al vincitore ogni stagione.
Chi è la giuria francese? Mylene Farmer? Stefano Berna?
Durante i suoi quasi tredici anni di esistenza, “RuPaul’s Drag Race” ha trasformato con successo il tipo di intrattenimento un tempo secondario in un fenomeno sociale, attirando decine di migliaia di fan in occasione di ogni “DragCon”. (Accordi durante i quali era possibile incontrare la propria regina preferita), spingono alcune candidate al rango di star. Sasha Velor ha 1,8 milioni di follower su Instagram e fa un tour mondiale con i suoi spettacoli. Miss Fame e Violet Chachki stanno aumentando le loro collaborazioni con case di moda: Jean Paul Gaultier, Margiela, Mugler, Miu Miu … Trixie Mattel sta collaborando con Netflix, un canale YouTube, un marchio di trucco, una carriera musicale …
Ma in Francia, dove la pratica del disegno è più clandestina che in America e dove scarseggiano i locali dedicati esclusivamente ad essa, è davvero possibile un adattamento di successo? Il successo post-spettacolo di Nikki Doll, una drag queen francese che vive a New York, è bastato a convincere una copia dell’interesse della maison? Su Twitter, il progetto guidato da Raphael Sioufi (autore per Jean Paul Gaultier e Channel +), annunciato da metà novembre, è tanto inquietante quanto inquietante. Tra i fan francesi dello spettacolo come tra le drag queen locali, prevediamo che l’umorismo irriverente dell’originale possa essere copiato nella nostra lingua, su parti della nostra cultura che saranno oggetto di scherno (attaccanti? Star Academy?”), o sulle icone gay scelte per far parte della giuria.Amanda Lear, Stephan Bern, Bilal Hassani, Mylene Farmer, Lawrence Poccolini?Per scoprirlo bisognerà pazientare, perché la produzione ha appena terminato la fase più importante: il fase di colata.
© Anthony Behar / CIBA USA / CIBA
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