Gli studenti delle scuole superiori non torneranno in classe il 7 gennaio, nemmeno il 50 per cento. Il governo dopo una giornata caotica e uno scontro durissimo in Consiglio dei ministri ha deciso che si ricomincerà l’11. Solo le regioni che nel monitoraggio di venerdì 8 dovevano essere rosse, secondo le nuove regole dell’indice Rt approvato ieri, non riapriranno le scuole superiori. Ma al momento nessuna Regione vicino a quella soglia, che costringerebbe gli studenti a continuare con papà.
Lo scontro con il Pd
Dopo che le Regioni avevano annunciato le loro ordinanze senza particolare ordine di non riaprire il 7 gennaio, la questione del rinvio è stata sollevata dal capo delegazione del Pd Dario Franceschini che ha chiesto al premier Giuseppe Conte di rinviare almeno al 15 gennaio la ripresa dell’attività in presenza per le scuole superiori visti i rischi di aumento dei contagi e l’arrivo della terza ondata del virus. La reazione dei ministri renziani Teresa Bellanova ed Elena Bonetti che hanno parlato di un inaccettabile rinvio, tenendo la posizione del ministro Lucia Azzolina, che nel pomeriggio aveva lanciato l’anatema contro le regioni ribelli, chiamandole a riflettere sulle conseguenze delle loro decisioni di rimandano studenti e famiglie, e del presidente del Consiglio Conte che solo domenica pomeriggio ha ribadito di dover ricominciare il 7.
Mediazione
Ma riaprire giovedì dopo che le regioni avevano già spostato il loro calendario sembrava impossibile: il governo sarebbe stato solo. Per questo l’idea del titolare della Sanità Roberto Speranza e del ministro delle Regioni Francesco Boccia è stata quella di un mini rinvio dalle 7 alle 11, giorno in cui entreranno in vigore le nuove soglie per la determinazione delle aree a rischio. E alla fine ha avuto la meglio come mediazione, tentativo di mettere ordine e di orientare le decisioni dei governatori. Adesso bisogna capire quanti si adegueranno e quanti confermeranno le loro ordinanze che tengono chiuse le scuole superiori anche fino a febbraio.
La fuga in avanti
Fino alla fine, il giorno dell’incertezza e della confusione ha rischiato di non dare risposte a famiglie, professori o presidi che attendono di capire come riorganizzare le loro lezioni e la loro vita. C’è l’irritazione dei prefetti contro le decisioni dei governatori, che hanno contraddetto le loro proposte. I sindacati parlano di decisioni governative improvvisate e chiedono di essere convocati. Per non parlare del crescente numero di petizioni e proteste nelle scuole. E non mancano gli scontri con le regioni di centrodestra – guidate da Luca Zaia – che ancora una volta hanno condizionato con la loro fuga in avanti le scelte del governo sulla scuola.
5 gennaio 2021 (modifica il 5 gennaio 2021 | 02:08)
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