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Reims: Marco Verratti, l’uomo che finalmente (un po’) ha imparato a segnare

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Reims: Marco Verratti, l’uomo che finalmente (un po’) ha imparato a segnare

Al Parco dei Principi,

Se c’è un momento in cui è necessario aumentare di potere, è bene con l’avvicinarsi di un’ottava finale di Champions League contro il Real Madrid. Sergio Ramos, che ha collezionato alcuni piccoli trofei con la sua ex, è ben posizionato per parlarne. “E’ il momento migliore per rimettersi in forma”, conferma lo spagnolo al microfono di Prime Video. Se il difensore, autore del secondo gol del PSG contro lo Stade de Reims, allude al suo caso personale, ci permettiamo di applicarlo anche a quello di Marco Verratti.

Al vertice, “al suo apice”, come si suol dire, l’italiano ha dimostrato ancora una volta di essere fondamentale nel centrocampo parigino. Posizionato a volte come trequartista a distanza, come all’inizio della partita dove moltiplicava le uscite di palloni pericolosi, poi come tedoforo da una parte, il centrocampista è stato brillante. Ci è riuscito in tutto quello che ha intrapreso, ad eccezione di questa caduta burlesca alla fine del primo tempo, quando è risalito in campo, palla ai piedi.

Decimo gol a Parigi

E oltre a questo? Marco ha segnato. Una, forse due volte? Va per uno e mezzo, anche se i libri mastri registrano solo l’apertura. Un amore per la vita all’aria aperta con il piede sbagliato, come se il gol in sé non fosse abbastanza raro. Il secondo, un tiro fortunato deviato 56 volte prima di atterrare nella porta di Rajkovic, è stato infine assegnato a Wout Faes, contro la sua squadra. Ma non importa, Verratti ha fatto alzare due volte la manciata di sostenitori parigini presenti al Parc des Princes. E questo è tutto ciò che conta per Mauricio Pochettino, che applaude in conferenza stampa:

“E’ importante che Marco trovi l’obiettivo. È positivo che un giocatore che non segna spesso lo faccia. Conosciamo le sue qualità nel gioco e dovrebbe essere in grado di aggiungere gol al suo gioco”.

Un rapido promemoria dei numeri. Il centrocampista ha appena registrato il suo 10° pedone in 363 partite con la maglia del PSG, vi risparmiamo il rapporto a 10.000 decimali, non spariamo all’ambulanza che serve per trasportare in Infermeria questo fragilissimo giocatore. Se contiamo i gol con Nazionale e Pescara, saliamo dolorosamente a 15 in circa 500 partite tra i professionisti. Se non ha mai segnato davvero, è soprattutto che non ci ha mai provato davvero. La sua esibizione contro Reims è in definitiva il culmine di un processo che è tanto più lento poiché viene da molto lontano. La prova con due edificanti statistiche di inizio carriera di Verratti, a suo tempo diffuse da Opta.

  • 2012-13 (PSG): una stagione a 0,06 colpi/partita
  • 2013-14 (Italia): Cinque partite, zero tiri

Più in alto, quindi più colpi

Insomma, l’adagio “chi non prova niente, non ha niente” è stato fatto su misura per il gufo, che ha spesso giustificato le sue carenze statistiche con un posizionamento molto basso con il PSG. Ecco perché, ha detto alla Rai nel 2019, che appare in una luce migliore con l’Italia di Mancini con Jorginho a supporto. Mezzo ammissibile – quante volte non abbiamo visto l’italiano scegliere il passaggio 2’50 dalle porte avversarie anche se giocava basso – ma lo stesso ammissibile. Perché sentiamo che il suo non convenzionale riposizionamento come tedoforo laterale gli permette di proiettarsi un po’ di più e di ritrovarsi di fatto nelle aree del campo più favorevoli alla finalizzazione delle azioni. Altro segnale inconfondibile: nel riscaldamento prima delle partite, l’italiano non fa più finta quando prende parte agli esercizi d’urto. E, attenzione spoiler, anche lì segna. Verratti da anticonformista, la mutazione più sorprendente del 2022?

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