A’L’ex presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, è morto venerdì 22 settembre a Roma, all’età di 98 anni. Una vera figura della vita politica e istituzionale che caratterizzò la Prima e la Seconda Repubblica Transalpina.
A causa del suo stato di salute e della sua età avanzata, le sue apparizioni pubbliche sono diventate estremamente rare. Il suo posto da senatore a vita è vacante da giugno. Funzionari eletti Palazzo Madama Gli hanno poi tributato un vivace omaggio, alimentato da applausi, per festeggiare il compleanno di “Re Giorgio” e i 70 anni di carriera parlamentare. “Testimone della politica che diventa cultura e della cultura politica che diventa istituzione”, ha accolto il presidente del Senato, Ignazio La Rossa (Fratelli d’Italia).
Nasce nel 1925 da una famiglia borghese a Napoli, nelle prime ore del mattino Ventennio Giorgio Napolitano, come molti studenti, aderì al GUF, i gruppi universitari fascisti, prima di unirsi alla resistenza contro il regime dittatoriale. Nel 1945 aderì al Partito Comunista Italiano (PCI) e ne divenne uno dei leader storici.
Leggi ancheSilvio Berlusconi, clown o statista? Seguace dell’intervento sovietico in Ungheria, divenne più critico al momento del colpo di stato in Cecoslovacchia e poi in Afghanistan. Incarnerà permanentemente l’ala moderata miglioristi (“Quelli che migliorano”), si aprì al dialogo con i socialisti italiani ma anche con i democratici d’oltreoceano, diventando così il primo leader comunista a ottenere il visto per recarsi negli Stati Uniti. All’inizio degli anni ’90, Napolitano aderì al Partito Democratico della Sinistra, successore del Partito Comunista Italiano dal sapore “socialdemocratico”.
Secondo periodo incerto
Deputato dal 1953, presidente dell’Assemblea nazionale transalpina e ministro dell’Interno per un periodo con Romano Prodi, il napoletano è soprattutto un europeista convinto (due volte deputato alla panchina di Strasburgo e presidente della Commissione affari costituzionali del Parlamento) che lavora verso l’ancoraggio permanente della penisola nel partito europeo. È un impegno che proseguirà anche dopo l’elezione nel 2006 alla presidenza della Repubblica Italiana: un primo grande passo per un politico proveniente dalle file del Partito Comunista Italiano.
In Italia, se l’abito è prevalentemente da cerimonia, spesso il presidente si impone come arbitro in tempi di crisi politica. Così, nel 2011, nel pieno delle turbolenze dell’Eurozona, Giorgio Napolitano ottenne le dimissioni di Silvio Berlusconi e fu sostituito, senza passare attraverso il processo elettorale, dall’economista Mario Monti e dal suo governo di “tecnici”.
Nel 2013, mentre l’Italia attraversava una tempesta politica, tra elezioni legislative senza vincitori ed elezioni presidenziali senza re, Napoli, giunta alla fine del suo mandato, fu costretta a malincuore a restituire il tavolo: una prima volta nell’Italia moderna. Un chiaro simbolo della situazione difficile in cui si trova il sistema transalpino. Ma Giorgio Napolitano non intende restare per sempre al Quirinale. Soprattutto da quando il suo secondo tour da presidente è stato segnato da battute d’arresto economiche in Italia e dall’invito a comparire in tribunale (di nuovo, il primo) sulla questione delle trattative tra Stato e mafia all’inizio degli anni ’90.
Dopo aver “sentito il peso dell’età e delle difficoltà crescenti”, confidò agli italiani nel suo discorso di fine 2014, dicendo: Napolitano finalmente si ritira. “È meglio partire in piedi”, ci assicura mentre lascia le alture. Palazzo del Quirinale Per conquistare seggi al Senato, ultima dimora politica di Re Giorgio.
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