L’edizione 2022 dell’Arena di Verona introduce quattro titoli di Franco Zeffirelli e invita Anna Netrebko nel secondo ruolo da protagonista. Dopo Aida Verdi, Turandot Puccini:
La piramide e la sfinge dominavano la scena in questa maestosa piazza di Aida, ora è una porcellana mitica, su larga scala, ancora formidabile, che impressiona il pubblico. Questa visione è stata lanciata a posto di Franco Zeffirelli nel 2010 (La sua versione teatrale va in scena al Metropolitan Opera di New York dal 1987 e fa ancora scalpore lo scorso maggio nel contesto della guerra in Ucraina quando Anna Netrebko è stata sostituita da Liudmyla Monastyrska per il canto della bandiera ucraina, questo produzione aperta fino alla The Muscat Royal Opera in Oman nel 2011) ovviamente dai gruppi, ma tanto quanto i costumi di Amy Wada (la vincitrice dell’Oscar nel 1986 per quello del film. egli corse di Akira Kurosawa). Ma tutto l’effetto di questa produzione è dovuto al fatto che lui sa anche mostrare il grigio triste di un intero popolo, tanto più bravo e potente per saltare nell’abbondanza dorata della luce emotiva (di Paolo Mazzon), in scena come nella musica.
Un lungo pannello rettangolare con motivi orientali diventa la porta d’ingresso al Palazzo d’Oro, dove le figure formano motivi geometrici (a piramide verso l’imperatore). Tra abiti eleganti, scudi scintillanti, ombrelli impercettibili e ventagli di carta, la coreografia creata da Maria Grazia Garofoli è decorata con piccoli movimenti orientali, movimenti leggeri e inclinazioni della testa, dalla camminata alla corsa.
Gli eroi, il coro e le comparse armonizzano acusticamente e scenograficamente l’immensità dell’architettura e degli stendardi tra gli acrobati e il drago sorridente, con il carnefice al centro, tra il corteo, in questo spazio imperiale, di guardie, sacerdoti, dignitari mandarini e saggi.
Il coro dell’Arena di Verona diretto da Julis Trabachin, e il coro di voci bianche di Marco Tonini ricreano con forza l’atmosfera e il clamore della folla, dal desiderio sanguinario alle invocazioni spirituali che avvolgono la scena (proprio come gli interventi fuori teatro, particolarmente sottile ed efficace).
Marco Armiliato, Presidente dell’Orchestra Fondazione Arena, risuona con sicurezza di queste sfumature colorate e fa risaltare anche il fascino magico della partitura, sapendo come separare i motivi orientali di violini e flauti in determinati momenti: le chiavi. Va lontano e supporta la canzone, facendo emergere il dramma.
Fiduciosa con la sua voce prolifica, la cantante Anna Netrebko assume senza paura il carattere gelido del suo personaggio e il suo desiderio di vendetta, conoscendo fin dall’inizio senza alcuna difficoltà a diffondere la sua voce nell’arena a più di 10.000 spettatori. che applaudono. lui non appena entra in teatro. Suona la personificazione sulla punta delle unghie (purché siano gli artigli e che alla fine strapperà per poter finalmente coprirsi il viso di lacrime) e con le sue espressioni altrettanto acute, incidendo nei timpani e nei cuori il suo gelido e accenti spettrali. I grandi momenti emotivi e le lacrime ai testi sono altrettanto potenti.
Yusef Aivazov supera anche le sfide della sua parte audio, poiché il suo personaggio Calaf supera gli enigmi. Acclamato anche lui, ha costruito per tutta la serata un’esibizione particolarmente entusiasta, affidandosi al violino per la morbidezza del timbro ma sempre con mezzi vocali forti, culminando in “Neeson si addormentò“Che appare nel modo più appassionato e sincero.
Il trio Ping Pang Pong è fortemente compresso ma con un’integrazione accattivante: Gezim Myshketa come un piccolo demone, Ricardo Rados come un baritono distinto e Matteo Mizaru che dà al dramma un senso di urgenza.
Maria Theresa Leiva in Liù svela i colori del suo soprano, mantenendo la sottigliezza nelle creste e negli accenti su cui si affida supportando l’orchestra fino all’ultima nota. A suo avviso, porta la sua pietà a tutto il gruppo e in particolare al vecchio Timur che fa risaltare il carattere e il basso del padre Ferruccio Forlanetto dall’apice della sua quasi cinquantennale carriera.
Carlo Bossi incarna l’imperatore Thom e il principe di Persia evocato fuori dal palco con coerenza nei suoi attacchi e nella meticolosa lavorazione. Infine, il baritono coreano Youngjun Park è efficace (vocalmente e sul palco) mandarino.
Tutto ha fretta nel palazzo, è stato svelato il nome: l’amore trionfa come uno spettacolo in un’esplosione di gioia sul palco e sugli spalti con una standing ovation.