L’Italia ha lanciato il suo percorso di privatizzazione con un annuncio altamente simbolico: la banca più antica del mondo, il Monte dei Paschi di Siena, sarà venduta per il 25%. Il governo italiano sta cercando di ripagare gli ingenti debiti del Paese, che ammontano al 140% del Pil, ma le sole operazioni di privatizzazione non risolveranno il problema e faranno uscire la penisola da uno stato di recessione e di eccessivo indebitamento.
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“Alpeggi di Siena” è la traduzione francese di questa istituzione la cui creazione risale al 1472 quando i vertici della Repubblica di Siena istituirono un banco dei pegni per aiutare gli abitanti più poveri. Due secoli dopo, il Granduca di Toscana volle creare un vero e proprio istituto bancario volto ad aiutare i contadini e i proprietari terrieri in genere, nonché i poveri.
Nacque così Monte dei Paschi di Siena, un’anziana signora che visse cinque secoli di crisi finanziarie o politiche. La sua privatizzazione, dopo un periodo di difficoltà per trovare un acquirente, risponde alle richieste della Commissione Europea, che voleva il ritiro dello Stato italiano, che ha quindi venduto sui mercati il 25% del capitale della banca per 920 milioni di euro. L’importo non verrà saldato Il profondo problema del debito italiano Con un valore di 2800 miliardi di euro.
Alla fine la Banca del Monte dei Paschi di Siena, che si pensava sull’orlo del fallimento, si è ribellata contro ogni previsione. Nel 201 ha dovuto essere salvata dallo Stato italiano, che ne è poi diventato il principale azionista, per un valore di 5,4 miliardi di euro. Da quando le trattative con la seconda banca italiana, UniCredit, sono fallite due anni fa, MPS ha faticato ad attrarre candidati per l’acquisizione.
Il governo italiano spera di ottenere 20 miliardi di euro da future privatizzazioni attraverso la vendita di azioni di Telecom Italia, ITA (ex Alitalia), ENI o Poste Italiane.
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