Il Lago di Bracciano, una quarantina di chilometri a nord di Roma, non ha finito di svelare i suoi segreti. È sul fondo di questo lago che comunica con il Mediterraneo che gli archeologi spagnoli e italiani hanno rinvenuto cinque canoe particolarmente ben conservate, che confermano che gli uomini navigavano nel Mediterraneo 7000 anni fa.
Francia, Germania, Danimarca, Slovenia, Svizzera, Paesi Bassi… Nel nord Europa sono stati scoperti i resti delle canoe più antiche del mondo conosciuto. Una delle imbarcazioni più antiche finora rinvenute, una canoa ricavata da un tronco di pino silvestre e risalente al Mesolitico (da – 9600 a – 6000 a.C.), fu rinvenuta nel 1984 in una zona stagnante della Senna, nella località di Noyen-sur -Senna.
E nel Mediterraneo? Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica PLOS One, ricercatori spagnoli e italiani potrebbero aver scoperto la prima prova diretta che la navigazione nel profondo blu esisteva già nel Neolitico. E questo grazie al ritrovamento di cinque canoe, non in fondo al mare, ma provenienti dal Lago di Bracciano, le cui acque ospitano i resti del più antico villaggio lacustre neolitico conosciuto, La Marmotta, e che comunica con il Mediterraneo attraverso il fiume Arrone ( 38 chilometri).
Canoe di oltre 7000 anni
Scoperto nel 1989, a circa 300 metri dall'attuale sponda del lago, il sito è stato da allora oggetto di scavi regolari. Resti di abitazioni, migliaia di oggetti prevalentemente in selce o legno, elementi decorativi, protetti da 3 metri di sedimento e 8 metri di acqua, sono stati riesumati nel corso degli anni e hanno permesso di arricchire le conoscenze intorno al Neolitico (-6000 al -2300 a.C.), tradizionalmente associato all'insediamento sedentario degli uomini e agli inizi dell'agricoltura e dell'allevamento del bestiame.
Rinvenute vicino ai resti di abitazioni, le canoe sono state oggetto di datazione al carbonio 14: risalgono al 5700-5100 a.C. Se questa scoperta non rivoluziona ciò che già sapevamo sugli spostamenti delle popolazioni nel Mediterraneo – resti umani risalenti a 20.000 anni fa furono rinvenuti in Sardegna, 9.000 anni in Corsica – mancavano però prove materiali che attestassero l'esistenza della navigazione marittima nel Mediterraneo durante il Neolitico.
Prove indirette
Perché secondo i ricercatori, nonostante siano state ritrovate sul fondo di un lago, queste canoe lunghe dai 5 metri fino a circa 11 metri molto probabilmente venivano utilizzate sia per la navigazione in acqua dolce, ma anche in mare. Infatti, scrivono gli specialisti, “le dimensioni del lago (…) giustificano a malapena le grandi dimensioni di una canoa lunga quasi 11 metri. È quindi possibile che venissero utilizzati per percorrere i 38 km che separano il Lago di Bracciano dal Mar Mediterraneo, lungo il fiume Arrone.
A La Marmotta sono state rinvenute soprattutto numerose testimonianze indirette di contatti, e quindi di viaggi tra le comunità delle diverse isole del Mediterraneo: la forma di certi vasi in ceramica e figurine di ceramica bianca, che ricordano prodotti greci e balcanici, o ancora l'ossidiana, una roccia vulcanica utilizzata per realizzare alcuni utensili, proveniente dalle isole di Lipari (a nord della Sicilia) e Palmarola (a sud di Roma).
Alto livello tecnologico
D'altra parte, la natura stessa delle canoe dimostra un grado di sofisticatezza che ha sorpreso i ricercatori. La loro analisi ha rivelato che erano stati scolpiti da tronchi d'albero di quattro diverse specie di legno (quercia, ontano, pioppo, faggio), il che dimostra che i costruttori di barche conoscevano le qualità del legno e che sapevano quali alberi potevano essere utilizzati per fare barche. La più lunga utilizzava anche tecniche costruttive particolarmente avanzate: “sulla base della canoa furono realizzati nello stesso tronco quattro rinforzi trasversali di forma trapezoidale. Avrebbero aumentato la durabilità dello scafo e lo avrebbero protetto, migliorandone al tempo stesso la manovrabilità”.
Sull'imbarcazione sono inoltre presenti tre oggetti in legno a forma di T, ciascuno contenente una serie di fori che “farebbero pensare che possano essere stati utilizzati per fissare delle corde ad un'eventuale vela o per unire altri elementi nautici come uno stabilizzatore o anche un'altra imbarcazione per creare una doppio scafo a forma di catamarano. Queste strategie avrebbero fornito maggiore sicurezza e stabilità, nonché una maggiore capacità di trasporto di persone, animali e merci”, indicano i ricercatori.
Per loro, questa è la prova che molti importanti progressi nel campo della navigazione furono compiuti molto prima di quanto si credesse, a partire dall’inizio del Neolitico. E questo grazie alle competenze e all'organizzazione delle prime comunità agricole e pastorali per la lavorazione del legno e la costruzione di complesse imbarcazioni, che permisero nel giro di pochi secoli l'espansione delle popolazioni in tutto il bacino del Mediterraneo.
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