Un secolo fa, a Livorno, un piccolo comune costiero della Toscana, il PCI, che sarà per molti anni il più importante Partito Comunista dell’Europa occidentale. Nonostante un’eredità controversa, la stampa transalpina, in particolare quella di sinistra, celebra il centenario di questo gigante politico che ha fatto la storia della penisola.
Un diluvio di libri, copertine settimanali e persino un sito web creato per l’occasione. Dall’altra parte delle Alpi – nonostante la pandemia che imperversa e impedisce raduni fisici – la voglia di celebrare l’evento non è venuta meno. Giovedì 21 gennaio il Partito Comunista Italiano (PCI) spegnerà la sua centesima candela (anche se è stata sciolta nel 1991) e, nelle parole del quotidiano torinese La stampa, in questa occasione, un vero e proprio “PCI-mania” sequestrato il paese.
Ne sono testimone quelli scelti dal settimanale culturale Robinson che mostra, disinibita, la falce e il martello in prima pagina; o quello di Venerdì che, già a fine novembre, stava indagando sulle origini della festa titolando, malinconia: “C’era una volta il PCI”.
Per capire l’entusiasmo generato da questo centenario, dobbiamo ricordare alcune cifre. Eterno secondo più grande partito di massa dietro la Democrazia Cristiana, il PCI ha da tempo oscillato intorno al 30% dei voti alle elezioni, raggiungendo addirittura il 34,4% nelle elezioni legislative del 1976. Più di 12 milioni di elettori avevano quindi votato
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Beniamino Morante
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