Tunisie Numerique ha guidato una serie di interviste con le famiglie tunisine per scoprire come gestiscono i propri bilanci in questo momento di crisi che attraversa il Paese.
Questi tunisini provengono da classi sociali diverse, hanno età diverse e vivono sia in quartieri esclusivi che in quartieri operai. Hanno accettato volontariamente di rispondere spontaneamente e in forma anonima alle domande di Tunisie Numérique. Le storie sono state trascritte così come sono.
Questo episodio è molto particolare perché il giornalista di Tunisia Numérique è stato contattato direttamente da “Emanuel”, che ha insistito per raccontarci la sua storia liberamente e senza restrizioni.
Emanuel è burkinabè, 21 anni, e single.
Ci confida: “Ho dolore alla gamba destra. Soffro il martirio. Ho bisogno di cure urgenti.”
Queste sono state le prime parole che il giovane ha pronunciato avvicinandosi a noi prima di essere accudito dagli operatori sanitari della Mezzaluna Rossa di Sidi Bouzid. Abbiamo conosciuto Emanuel durante la campagna organizzata dalla Mezzaluna Rossa a favore degli immigrati sub-sahariani.
Dal Burkina Faso alla Tunisia
Momentaneamente sollevato, Emanuel torna da noi e dice: “Sono tornato illegalmente in Tunisia una settimana fa. Ho attraversato i confini algerini, le montagne e le fitte foreste per arrivare a Kasserine”.
Emanuel continua: “Sono fuggito dalla povertà. La guerra ha devastato tutto nella mia casa. O aspettare che la morte venisse a prendermi, oppure lasciare il Burkina Faso con il rischio di andare, di mia iniziativa, magari verso la morte! Ho scelto la seconda opzione. Sogno un futuro migliore”.
Emanuel ci racconta il suo viaggio: “Ho deciso con alcuni parenti di affrontare il deserto, le milizie armate e tutti i pericoli sulla strada per sfuggire, costi quel che costi, alla guerra. Eravamo già morti comunque”.
Emanuel aggiunge: “All’inizio della nostra avventura eravamo in 6…”
Emanuel smette di parlare, visibilmente molto commosso. Prosegue con voce tremante: “Adesso siamo in 4 che sono riusciti a varcare i confini. Abbiamo perso 2 di noi. Non posso dirvi di più… è ancora tutto confuso nella mia testa. Non ricordo nemmeno più i loro volti. So solo che erano burkinabè anche loro e si chiamavano Roger e Paul”.
In transito verso l’Italia
Emanuel beve un sorso d’acqua, guarda il cielo e ci dice: “Sapete, vogliamo andare in Europa. La Tunisia è solo una tappa del nostro viaggio. L’Europa è il paradiso, lo abbiamo visto in TV. Vogliamo vivere in pace e con dignità. In Europa la vita umana è rispettata”.
Emanuele è il quinto di una numerosa famiglia di 11 figli. La sua famiglia è povera. A causa della guerra furono più volte saccheggiati.
Ci spiega a questo proposito: “La guerra ci ha reso vulnerabili. Siamo diventati vittime di mercenari e di altre truppe armate. Ci hanno preso tutto. Senza soldi non valiamo niente e la nostra vita non vale più di un cane randagio. Diversi abitanti del mio villaggio sono morti a causa di proiettili vaganti o sono stati addirittura giustiziati in pieno giorno”.
Emanuel prosegue: “Molti miei concittadini sono arrivati in Italia. Posso farlo anch’io. Sto solo aspettando di guadagnare un po’ di soldi per poter pagare il trafficante. Ho assolutamente bisogno di 6.500 dinari per garantirmi il posto sulla traversata”.
Emanuel aggiunge con insistenza: “Il mare non mi spaventa e la vita non mi ha fatto doni. Devo assolutamente stare dall’altra parte della banca, in Italia”.
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