Giovedì la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per i danni ambientali causati da una discarica. Lo ha criticato in generale per non aver adottato le misure necessarie per proteggere la popolazione durante la “crisi dei rifiuti” in Campania (sud).
I 19 ricorrenti in questo caso vivono in due comuni vicino Napoli, Caserta e San Nicola la Strada, che sono stati colpiti da una lunga “crisi della gestione dei rifiuti”, dal 1994 al 2009.
La Corte europea dei diritti dell’uomo rileva che “durante questo periodo, i ricorrenti sono stati costretti a vivere in un ambiente inquinato dai rifiuti accumulati nelle strade e nei siti di deposito temporaneo dei rifiuti”.
In alcuni periodi, le autorità sono state costrette ad adottare misure di emergenza, tra cui la chiusura temporanea di scuole, università e mercati, nonché lo spostamento dei rifiuti in siti di deposito temporaneo.
“mancanza di familiarità con gli standard”
La Corte di Strasburgo ha sottolineato che “tale esposizione ai rifiuti, in violazione delle norme di sicurezza, aumenta il rischio dei richiedenti di contrarre alcune malattie”.
“In pratica, le case automobilistiche italiane non sono state in grado di fornire una funzione di servizi di raccolta, trattamento ed eliminazione degli ordini durante il periodo di attività nella regione Campania, quindi dall’11 febbraio 1994 al 31 dicembre 2009 e, dopo aver pubblicato tutte le informazioni necessarie misure per una protezione efficace delle richieste dei minori nel rispetto della loro casa e della loro privacy, sull’articolo 8″ della Convenzione europea sulla Sauvegarde. Diritti umani.
Inquinamento ambientale
Inoltre, lo scarico abusivo di rifiuti, circa vent’anni fa, presso la discarica di Le Otaru, ha provocato un grave inquinamento ambientale.
“Tuttavia, anche se le autorità sapevano fin dal 2001 che il sito di smaltimento dei rifiuti rappresentava un rischio significativo, nel 2007 hanno consentito che il sito fosse utilizzato per lo smaltimento di rifiuti non pericolosi, aggravando così il danno ambientale”, si rammarica la Corte EDU. .
La Corte ha aggiunto che questa situazione “ha portato al divieto dell’uso delle acque sotterranee in diverse occasioni” nella zona, ritenendo ancora una volta che l’Italia avesse violato l’accordo non avendo adottato le misure necessarie per proteggere i ricorrenti.
Tuttavia, non verranno risarciti: tali accertamenti di violazioni forniscono di per sé “sufficiente equa soddisfazione” per il danno morale che hanno subito, come sostiene la Corte europea dei diritti dell’uomo.
ATS/CENERE
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