Si sente spesso l’espressione “scienza occidentale”, e mi sembra un esempio specifico che ne illustra la dimensione problematica. Nel 2016 è nato tra gli studenti sudafricani un movimento soprannome La scienza deve cadere.. Ritiene che la scienza sia stata soprattutto il frutto del lavoro di scienziati dei paesi imperialisti e coloniali, è “occidentale” e dovrebbe essere sostituita dalla scienza “decolonizzata”. Questa idea – che altri hanno poi ripreso – è ambigua.
Nella sua forma benigna, indica semplicemente che la formazione degli studiosi indigeni dovrebbe portare allo studio dei problemi che meglio soddisfano i bisogni locali piuttosto che quelli delle principali capitali dei paesi colonizzati, e il riconoscimento e il riconoscimento dei contributi delle popolazioni indigene alla scienza. . D’altra parte, seguendo l’esempio del movimento studentesco da esso citato, i fautori della sua forma più radicale invocano la “conoscenza africana” e richiedono invece un altro tipo di scienza, basata su “un altro tipo di conoscenza”. Mentre si sforza di identificare le caratteristiche ontologiche ed epistemologiche di questa “altra” scienza – che ovviamente non sarebbe “pseudoscienza”.
Questo punto di vista solleva soprattutto la questione di quale significato debba essere dato all’espressione “scienza occidentale”. Sebbene gli storici della scienza utilizzino talvolta liberamente questa espressione, essa è in realtà problematica da un punto di vista epistemologico, poiché indica l’esistenza di diversi tipi di scienza. Tuttavia, così come ho difeso l’idea che la scienza non è “nazionale”, la considero anche non “occidentale”.
Parlare di “scienza occidentale” significa confondere il contesto della scoperta con il contesto della giustificazione.
Se osserviamo lo sviluppo storico della maggior parte delle discipline, è chiaro che i contributi alla conoscenza globale provengono da molti studiosi attivi in molti paesi. In astronomia, consideriamo le osservazioni degli egizi e il modello di Tolomeo che fu poi sviluppato dagli astronomi arabi e le cui tecniche matematiche utilizzò Copernico. In matematica i cosiddetti numeri “arabi” sono in realtà di origine indiana e ci sono molti altri esempi di circolazione della conoscenza.
Infatti, affinché un’affermazione possa considerarsi “conoscenza” e non mera opinione o ipotesi, essa deve essere verificata con mezzi generalmente riconosciuti adeguati al caso in esame. Ne consegue che la conoscenza non è di per sé ‘occidentale’ ma semplicemente convalidata. Altrimenti, non è conoscenza. Poiché le caratteristiche dei responsabili di tale verifica sono condizionali e non costituiscono di per sé un criterio di validità, parlare di scienza “occidentale” confonde infatti ciò che i filosofi chiamano “il contesto della scoperta” e il “contesto logico della scoperta”. . Il primo si riferisce al fatto storicamente condizionato che gran parte della conoscenza scientifica, soprattutto da allora 17e secolo, grazie ai viaggi di studiosi provenienti da paesi con imperi coloniali. Il secondo fa riferimento alle procedure empiriche e logiche di conferma e verifica che stabiliscono (o meno) questa conoscenza, che poi si diffonde e diventa accessibile a tutti.
Possiamo, naturalmente, celebrare gli scopritori e lodare la loro nazionalità, genere o razza, ma questo non significa che la conoscenza, di per sé, abbia un tale carattere razziale o nazionale. Louis Pasteur ha detto: La bandiera non ha un paese. Forse in questi giorni aggiunge che non ha il tono della pelle, anche se gli scienziati lo fanno.