Giovedì la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha condannato l’Italia per “trattamento inumano e degradante” nei confronti di un minore migrante ghanese. Quest’ultima è stata ospitata per otto mesi in un centro per adulti in Italia, nonostante il riconoscimento della sua minorità.
Il caso risale al 2017. Il 16 febbraio dello stesso anno MA è stata ricoverata in un centro per migranti a Como, nel nord Italia. Questo ghanese, 17 anni, ha più volte chiesto alle autorità di essere ospitato in una struttura per minori non accompagnati.
Vittima di abusi sessuali nel suo Paese d’origine e in Libia – prima del suo arrivo in Italia – appare a disagio nel centro per adulti, inadeguato alla sua vulnerabilità. Tuttavia, MA ha trascorso otto mesi nella struttura. L’adolescente si è allontanata dalla scena solo dopo che il suo avvocato ha chiesto e ottenuto l’intervento urgente della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU).
In questo caso, il La CEDU ha emesso la sua sentenza definitiva giovedì 31 agosto 2023 e riteneva che Roma avesse inflitto a MA un “trattamento inumano e degradante” trattenendola in un centro non adatto alle sue esigenze specifiche.
L’Italia è stata quindi condannata a pagare una multa di 6.000 euro a titolo di risarcimento del danno morale e a versargli ulteriori 4.000 euro a copertura delle spese legali.
La giovane ha ottenuto anche la protezione internazionale nel Paese alla fine del 2017.
L’Italia già condannata più volte
Non è la prima volta che l’Italia viene additata dalla CEDU per gli stessi fatti. L’anno scorso la Corte aveva già condannato il Paese per aver collocato un minore gambiano in un campo per adulti nel 2016. Roma ha dovuto risarcire al ricorrente 7.500 euro di danni e 4.000 euro di spese legali.
Nel marzo 2023 Roma è stata giudicata per un altro caso: riguardava quattro migranti tunisini trasferiti a Lampedusa dopo il loro salvataggio da parte di una nave italiana. I quattro esuli hanno intrapreso un’azione legale nel 2017 per “trattamenti inumani e degradanti” nel centro dell’isola, trattenimento “senza una base giuridica chiara” ed “espulsioni collettive” nel loro Paese di origine senza valutazione individuale. La Corte aveva esortato l’Italia a pagare 8.500 euro a ciascuno dei ricorrenti.