Il ministro italiano della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ha inviato il 17 maggio un tweet piccante : “Mi spiace, non sono a Cannes. Lo dico con grande rispetto per i lavoratori del cinema, ma sono in fabbrica tra i lavoratori per parlare del valore di una cultura accessibile a tutti. » Ha allegato una foto che lo mostra in un magazzino tra una trentina di dipendenti.
Questa scelta di programma mira a ricordare un classico dell’estrema destra, attualizzato dal capo del governo italiano, Giorgia Meloni: promuovere una cultura del popolo contro quella delle élite. Il Festival di Cannes è poi un capro espiatorio ideale, dove il palazzo è un bunker, il tappeto è rosso, le star viaggiano in limousine, dove la colazione e gli alberghi sono troppo cari.
Al giorno d’oggi, non è più necessario essere di estrema destra o italiani per contrapporre il popolo alle élite con la cultura come sacco da boxe. Tutti i partiti in Francia stanno flirtando con questo concetto. Ma l’Italia si spinge lontano, e poi questo Paese ci è vicino, alcuni lo vedono come un laboratorio. Nel caso.
Dopo diciotto mesi di governo post-fascista, l’economia della Penisola è fiorente, il turismo è ripreso con forza, il Paese è rimasto nell’Organizzazione del Trattato Nord Atlantico e in Europa sostiene l’Ucraina, gli oppositori non sono in carcere.
I cambiamenti sono altrove: valori, identità, cultura. Giorgia Meloni chiede “una nuova immaginazione italiana”. Un’altra narrazione. Nel novembre del 2023, questo fan di Tolkien ha fatto finanziare dallo Stato (250.000 euro) una mostra a Roma dedicata all’autore del Signore degli Anelliconsiderandolo il simbolo della lotta delle radici cristiane contro il male.
Anche il partito al potere, Fratelli d’Italia, non esita a riscrivere la storia. Gennaro Sangiuliano, che si è fatto le ossa tra i giovani del Movimento Sociale Italiano neofascista, vigliacca “Dante è il fondatore del pensiero di destra”. Il suo leader non condanna il periodo fascista nel suo insieme, poiché lì affonda le sue radici. Inoltre, in aprile la Rai ha censurato un testo dello scrittore Antonio Scurati, autore di una fortunata saga su Mussolini (Edizioni Les Arènes, tra il 2020 e il 2023), in cui ricordava i crimini del Duce.
La trappola dell’insulto
Il clan Meloni è ancorato al pensiero di Antonio Gramsci, per il quale la battaglia di opinione è soprattutto culturale. Già, minando alcuni valori del nemico – aborto, diritti LGBT+, wokismo… E poi deridendo o stigmatizzando tutto ciò che assomiglia a un intellettuale di sinistra. Funziona, con quest’ultimo che commette l’errore di cadere nella trappola dell’insulto.
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