Uno dei registi francesi in gran parte ignorati, Peter Bogdanovich (1939-2022), ha avuto una carriera impegnativa, alternando rari trionfi commerciali (“On s’fait la valigia, Docteur”, 1972, “Mask”, 1985) e numerosi successivi flop (inclusi due film eccellenti: “Jack the Magnificent”, 1979, e “Broadway Therapy”, 2014). Ristampati in bellissime versioni, “Daisy Miller” (1974) e “Texasville” (1990) rientrano nella categoria delle opere impopolari. Il primo è tratto da Henry James, ritratto di un giovane americano molto libero che visitò l’Europa alla fine dell’Ottocento, dalla Svizzera all’Italia, e cadde sotto l’influenza di un aristocratico… Elegante ma a tratti un po’ estatico , particolarmente degna dell’apparizione di Peter Bogdanovich nella sua brava attrice Cybill Shepherd, con la quale ha poi condiviso la sua vita.
Ritroviamo l’attrice in “Texasville”, sequel tardivo di “The Last Session” (1971), senza dubbio il capolavoro del regista. In Bleeding Out of Deep America, un uomo d’affari indebitato (Jeff Bridges, proprio come sempre), disilluso, si sviluppa tra i suoi compagni di taverna e le sue amanti stanche. Il ritorno della bella che torna in campagna sconvolgerà la sua vita… Una visione cupa e pungente di un paese dove il fallimento è una macchia, teneri ritratti di esseri proiettati: ‘Texasville’ è un film agrodolce, certo, ma profondamente accattivante. Ripubblicato anche un documentario inedito The Great Buster: A Celebration (2018) dedicato a Keaton. Era amico degli anziani, Bogdanovich era anche uno straordinario amante del cinema …
“Analista. Creatore. Fanatico di zombi. Appassionato di viaggi. Esperto di cultura pop. Appassionato di alcol”.