Questa è una domanda fondamentale nella scienza: dovremmo preferire l’esperimento o la teoria?
C’è un vuoto? Questo dibattito sull’ascendenza fu ripreso nel XVII secolo da vari esperimenti, compresi quelli dell’aristocratico irlandese Robert Boyle. Considerato uno dei fondatori del moderno metodo sperimentale, Boyle, nel 1659, inventò la prima pompa ad aria, un dispositivo molto avanzato destinato a creare il vuoto. Il suo obiettivo è stabilire “fatti” scientifici in laboratorio, senza dover enunciare la vera esistenza del vuoto, che rimarrebbe un impossibile problema metafisico. Perché, secondo Boyle, la conoscenza può venire solo dagli esperimenti: è necessario ottenere risultati di misura garantiti dalla qualità della pompa dell’aria e dai testimoni che assistono agli esperimenti.
Ma il suo contemporaneo inglese, Thomas Hobbes, filosofo della politica e della scienza, pensa esattamente il contrario. Per lui non si possono dedurre fatti empirici oggettivi. Primo, perché è impossibile essere completamente imparziali: il modo di presentare i risultati di un esperimento dipende necessariamente da una certa interpretazione della natura. Inoltre, la pompa dell’aria non è uno strumento del tutto affidabile: ci sono sempre delle perdite! Quindi l’esperienza può portare solo a una conoscenza incerta, a differenza del pensiero astratto. Pertanto, Hobbes consiglia di ricercare le “vere cause” costruendo teorie usando la mente, sul modello della matematica. E tu, per accedere alla conoscenza, sceglieresti il percorso concettuale di Hobbes o il percorso empirico di Boyle?
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