STORIA – Sfruttate fin dall’antichità in Toscana, queste floride cave, le cui concessioni si tramandano di famiglia, sono oggi denunciate per il loro impatto sull’ambiente e per l’opacità della loro economia.
Inviato speciale a Carrara
Da quando nell’autunno del 1497 Michelangelo Buonarroti sbarcò, all’età di 22 anni, a Carrara per cercare un blocco per la Pietà nella cava del Polvaccio, la città toscana ha fatto di Michelangelo la sua attività. Il geniale scultore però non vi si recava molto spesso, perché i suoi rapporti con i cavatori di Carrara sono sempre stati molto tesi, “Un rapporto fatto di amore e odio”, racconta Luca Barbieri in La Storia di Carrara (Typimedia Ed.).
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Ricercato dopo 2000 anni per la sua purezza, questo marmo ha forgiato anche l’anima anarchica dei suoi abitanti. Così dice Marco Rovelli, storico di questa ricca terra apuana nel nord della Toscana: “In passato le cave appartenevano a comunità di paesi di montagna. Furono privatizzati nel XVIII secolo, causando un deterioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. Sono emerse rivendicazioni anarchiche, basate sull’idea di un bene comune che non appartiene a nessuno, né allo Stato né ai
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