« Adesso non è il momento di prendere soldi dai cittadini ma di restituirli. L’economia è ancora in recessione ». Fine della secca mancata ricevuta di Mario Draghi su suggerimento di Enrico Letta, suo predecessore a Palazzo Chigi, divenuto segretario del Pd lo scorso marzo. L’ex direttore dell’Ecole des affaires internationales de Sciences po Paris ha chiesto un aumento delle tasse di successione in Italia, dove sono molto più basse che altrove in Europa. Secondo il Censis (Center for Social Investment Studies), il 3% della popolazione della penisola possiede il 34% della ricchezza nazionale. Per correggere queste disuguaglianze, Enrico Letta ha avanzato la possibilità di introdurre un risarcimento di 10.000 euro per i diciottenni per consentire loro di finanziare gli studi, aiutarli a trovare un alloggio o avviare un’attività in proprio. Una misura che avrebbe giovato solo alle famiglie meno abbienti e sarebbe stata finanziata istituendo un’imposta di successione del 20% sui beni oltre i 5 milioni di euro.
L’asta di Matteo Salvini
Abbastanza per svegliare lo spettro di ” la sinistra comunista desiderosa di tassare i ricchi Matteo Salvini, leader della Lega, ne ha approfittato per riproporre la sua flat tax, cioè un’aliquota del 15%. Anche lui è stato categoricamente rifiutato da Mario Draghi, questa volta in nome del principio della progressività fiscale da vicino. legata a quella dell’uguaglianza.Il Presidente del Consiglio sta per affrontare una profonda revisione della fiscalità, una delle riforme strutturali promesse per decenni dai governi successivi e mai attuate.
Ennesima schermaglia
Le riforme non sono solo volute dalla Commissione Europea come garanzia del successo del piano di ripresa dell’UE Next Generation di cui l’Italia è la prima beneficiaria. Sono richiesti anche dai datori di lavoro che accolgono con favore il nuovo pacchetto di aiuti di quasi 17 miliardi di euro per le aziende in difficoltà ma vogliono che lo faccia il governo ” accelerare le riforme per favorire la ripresa “. Per Matteo Salvini, il dirigente di Mario Draghi, nonostante la stragrande maggioranza del sindacato nazionale a sua disposizione, è” incapace di attuare riforme a partire da quella della giustizia e del fisco ». « Lascia che la Lega esca dal governo! Immediato è stato il responso di Enrico Letta e del suo Pd. L’ennesima scaramuccia tra i due leader politici dopo la lite sul fascicolo migratorio, l’istituzione del diritto alla terra per la concessione della cittadinanza italiana o l’adozione di una legge contro la discriminazione nei confronti delle minoranze sessuali.
L’obbligo di distinguersi
Recenti sondaggi hanno messo testa a testa il Partito Democratico e la Lega con poco più del 19% per il primo e appena il 21% per il secondo. Una Lega seguita da vicino dal partito postfascista Fratelli d’Italia in rapida ascesa a cui viene attribuito il 19,5% delle intenzioni di voto. Enrico Letta e Matteo Salvini devono distinguersi in vista delle elezioni comunali di questo autunno con in particolare le città di Torino, Milano, Napoli e Roma. Con l’accelerazione della campagna di vaccinazioni di massa e l’inizio della ripresa economica, la politica politica sta riprendendo i suoi diritti … soprattutto quelli della successione di Mario Draghi che non resterà oltre il 2023, fine legislatura, a Palazzo Chigi.
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