Una bottiglia di Nebbiolo – vitigno presente nei più grandi vini piemontesi come il Barolo o il Barbaresco – presentata sugli scaffali dei supermercati o in qualsiasi enoteca svizzera, francese o tedesca, è prodotta grazie allo sfruttamento di esseri umani. Impossibile oggi negare questa affermazione, tanto è diffuso nella Penisola italiana il sistema di sfruttamento di una manodopera sottopagata e sfruttata senza alcun rispetto dei diritti umani. Questo fenomeno, chiamato “caporalato”, in riferimento ai “caporali” che svolgevano il ruolo di intermediari tra datori di lavoro e lavoratori, era presente soprattutto al Sud e al Centro. Ma gli arresti di diversi sfruttatori negli ultimi mesi e le segnalazioni delle associazioni umanitarie dimostrano che è ben radicato anche al Nord del Paese.
Questo mese, due persone sono state poste agli arresti domiciliari per sfruttamento di lavoratori provenienti dal continente africano nei vigneti delle Langhe piemontesi. Avevano persino subito violente aggressioni fisiche dopo aver protestato e denunciato le loro condizioni di lavoro: dieci e dodici ore di lavoro nei vigneti al giorno e per tutta la settimana. Secondo Il Fatto Quotidiano Il 10 luglio, le forze dell’ordine hanno trovato 19 migranti ammassati in condizioni igieniche deplorevoli e costretti a pagare l’affitto, detratto dal loro stipendio. “Uno degli indagati aveva installato un sistema di videosorveglianza collegato al suo cellulare per tenere d’occhio i lavoratori sia a casa che nei campi”, scrive ancora il quotidiano. Lo scorso marzo, nella stessa regione, altre nove persone sono state messe sotto inchiesta per gli stessi motivi: 40 lavoratori erano sfruttati e pagati meno di 6 euro l’ora, 7 giorni su 7.
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