mercoledì, Novembre 27, 2024
EconomiaI primi passi verso il ritorno in Italia

I primi passi verso il ritorno in Italia

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Ilaria Salles non può tornare subito in Italia, ma il suo trasferimento agli arresti domiciliari a Budapest è il primo passo per poter lasciare l’Ungheria secondo gli standard europei. La strategia del governo per risolvere il caso della 39enne milanese si basa su due elementi: diplomazia e standard internazionali. Dopo la bufera politica scatenata dalle foto che la ritraggono incatenata e incatenata durante le udienze del processo, il pubblico ministero ungherese ha fatto visita a Ilaria in carcere per verificare le sue condizioni. Anche i suoi genitori hanno potuto incontrarla. “Stiamo iniziando a vedere un po’ di luce”, dice suo padre, Roberto Salles, che è un po’ sollevato e si sente “moderatamente ottimista”. Un piano simile a quello avvenuto con Patrick Zaki, che prevede la sua espulsione dal Paese dopo la sua condanna.

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Memoria cellulare

“Sono trattato come un animale alla catena”, “Da tre mesi soffro di punture di cimici”, “L’aria scarseggia, solo quella che filtra attraverso lo spillo”. Sono alcuni estratti delle memorie che Ilaria Salles ha scritto di suo pugno e inviato lo scorso 2 ottobre al Consolato italiano per essere consegnate al suo avvocato italiano, e che il Tg La7 ha presentato in esclusiva questa sera. Il testo, che descrive una situazione caratterizzata da condizioni sanitarie precarie e carenze nutrizionali, è stato scritto quando Ilaria Salles era in carcere da otto mesi e non aveva ancora avuto modo di parlare con il suo avvocato italiano. “Gli avvocati ungheresi – ha detto parlando della sua situazione – dicono che non si può fare nulla”.

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Fasi

Ma in attesa di risultati concreti dopo i canali attivati ​​dalla Farnesina, sul fronte giuridico bisognerà procedere per gradi: i giudici ungheresi hanno già rifiutato – giustificando la loro decisione con il “rischio di fuga di notizie” – tre volte e ripetutamente (gli scorsi giugno, settembre e novembre). Richieste di trasferimento di Ilaria Salles agli arresti domiciliari in Italia, presentate dai legali del 39enne. In assenza di una condanna definitiva, “non esiste alcun accordo internazionale né altro strumento che consenta l’attuazione di misure cautelari di tipo carcerario nel Paese di origine”, sottolinea il sottosegretario Andrea Ostellari in Commissione Giustizia: per questo motivo il ricorso può essere sottoposto a rivalutazione solo previa applicazione di misure cautelari in Ungheria, con decisione dei giudici. «Una volta sostituita la misura cautelare con una meno preoccupante – spiega il sottosegretario – lavoreremo per il suo riconoscimento e la sua attuazione in Italia».

Misure alternative

In questo caso si tratterà di una leva standard che il Ministero tiene da settimane nel cassetto: la decisione quadro del Consiglio Europeo sul riconoscimento reciproco tra gli Stati membri delle decisioni sulle misure alternative alla detenzione preventiva. “Questo è l’unico strumento disponibile”, afferma Ostellari. Quindi il primo passo di questo piano potrebbe essere una richiesta da parte degli avvocati di Salis ai giudici di concedere al loro cliente gli arresti domiciliari in Ungheria, così che Ilaria possa poi scontare la pena nel suo Paese. «Aspettiamo che le istituzioni sappiano quando presentare questa richiesta», spiega Roberto Salles, padre di Ilaria, sottolineando che tutto si sta sistemando nel quadro di un attento accordo fatto di rapporti diplomatici e tattiche legali. Se il piano non dovesse funzionare, l’alternativa resta il ricorso immediato alla Corte europea di Strasburgo “per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che è già costata all’Ungheria altre condanne”, dice l’avvocato Eugenio Losco. Che attualmente considera questa selezione una “possibilità di valutazione”.

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Strasburgo

Intanto il ministro della Giustizia Nordeu ha incontrato nelle ultime ore il Garante nazionale dei detenuti, che riferirà anche al Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa. Lunedì pomeriggio il tema arriverà a Strasburgo, dove è previsto il dibattito durante la sessione plenaria della Camera Europea. Il caso ha avuto risonanza all’interno dello stesso istituto dove è detenuto l’insegnante milanese accusato dai giudici di aver aggredito due attivisti di estrema destra. «I suoi compagni di cella la chiamavano Giovanna d’Arco, forse perché riusciva a ottenere cose che loro non potevano ottenere», racconta padre Roberto Salles, per il quale «qualche segnale positivo arriva anche dal carcere dove le sue condizioni sono migliorate». “L’Ambasciatore italiano ci ha informato anche dell’incontro con il Ministro della Giustizia ungherese. Credo – conclude il padre di Ilaria – che tutti si stiano muovendo nella direzione giusta.

È intervenuto il premier Meloni

“Chiediamo di verificare che i diritti di Ilaria Salles siano rispettati”. “Una persona manette è un trattamento riservato in molti Paesi occidentali e noi non lo facciamo. Il governo ha fornito fin dall’inizio tutta l’assistenza possibile”. Lo ha detto il premier Giorgia Meloni al termine dei lavori Consiglio dell’Unione europea e nell’incontro con il primo ministro ungherese Viktor Orbán.

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