Il riesame della Guardia di Finanza sostiene che le registrazioni degli utenti Meta potrebbero essere considerate un’operazione imponibile perché comportano uno scambio non monetario di un conto di adesione con i dati personali dell’utente.
Tre fonti informate hanno detto a Reuters che un reclamo fiscale italiano contro Meta è stato deferito al Comitato Imposta sul Valore Aggiunto della Commissione Europea per la valutazione.
L’azienda statunitense, proprietaria di Facebook, Instagram, WhatsApp e altri, rischia in Italia una potenziale fattura fiscale di circa 870 milioni di euro dopo che la Procura di Milano ha aperto un’indagine sulla società per motivi di controllo della Guardia di Finanza.
Sebbene si tratti di una somma modesta per un’azienda che lo scorso anno ha generato ricavi per oltre 32 miliardi di dollari (29 miliardi di euro), il caso potrebbe avere conseguenze più significative perché dipende dal modo in cui Meta fornisce l’accesso ai suoi servizi.
L’audit, progettato e condotto dalla Guardia di Finanza italiana, ha affermato che le registrazioni degli utenti Meta potrebbero essere considerate un’operazione imponibile perché comportano uno scambio non monetario del conto di un membro con i dati personali dell’utente.
L’azienda ha più volte affermato di essere fortemente in disaccordo con l’idea che l’accesso alle piattaforme online agli utenti debba essere soggetto all’imposta sulle vendite (IVA – imposta sul valore aggiunto).
Secondo le tre fonti, secondo Reuters, data la delicatezza della questione e la sua natura senza precedenti, l’Amministrazione finanziaria italiana a settembre ha inviato una richiesta di valutazione tecnica al Comitato per l’imposta sul valore aggiunto della Commissione europea attraverso il Ministero delle Finanze del governo nazionale.
Il parere richiesto riguarda il trattamento IVA dei servizi elettronici forniti dalla rete di social media in cambio della fornitura dei dati dei suoi utenti.
La valutazione del comitato IVA dell’UE, di cui non si conoscono i tempi, non sarà vincolante. Un “no” potrebbe indurre il ministero e l’amministrazione finanziaria a smettere di contestare Meta e, in ultima analisi, anche ad abbandonare l’indagine penale condotta dalla Procura di Milano, dicono le fonti.
Poiché l’IVA è un’imposta armonizzata a livello europeo, se ritenuta applicabile in Italia, si applicherà automaticamente a tutti gli altri Stati membri dell’Unione Europea.
Questo trattamento fiscale comunitario potrebbe essere esteso anche a tutte le altre piattaforme internet multinazionali che utilizzano la modalità di accesso gratuito in cambio dei dati degli utenti.
Un portavoce della Commissione europea ha rifiutato di commentare direttamente la questione, sottolineando che il Comitato per l’imposta sul valore aggiunto è un gruppo consultivo indipendente.
“Il comitato IVA si occupa regolarmente delle questioni sollevate dagli Stati membri e l’esito e i tempi dipendono dall’ordine del giorno”, ha affermato il portavoce.
L’Agenzia delle Entrate italiana ha rifiutato di commentare la questione e Meta non ha risposto immediatamente a una richiesta di commento.
La Guardia di Finanza ha calcolato un modello secondo il quale Meta dovrebbe pagare in loco circa 220 milioni di euro di Iva nel 2021.
Si calcola inoltre che l’Iva dovuta per il periodo 2015-2021 ammonterebbe a 870 milioni di euro.
L’Italia ha fatto causa ad altre società tecnologiche per le tasse. La piattaforma di noleggio immobiliare Airbnb ha annunciato questo mese che pagherà 576 milioni di euro all’Agenzia delle Entrate italiana per saldare le sue passività fiscali in sospeso per il periodo 2017-2021.
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