Il leader mafioso italiano Matteo Messina Denaro, che una volta affermò di aver ucciso abbastanza persone da riempire un cimitero, è stato sepolto mercoledì nella sua città natale, in Sicilia, alla presenza di diversi membri della famiglia.
Messina Denaro, arrestato lo scorso gennaio dopo tre decenni di latitanza, è morto lunedì di cancro in un ospedale dell’Italia centrale, portando nella tomba i segreti del suo passato mafioso.
La sua bara ha attraversato nella notte mezza Italia, accompagnata dalla polizia.
La salma è arrivata nel comune di Castelvetrano, nella Sicilia sud-occidentale, dopo l’alba ed è entrata nel cimitero attraverso un cancello laterale, aggirando le zone residenziali per evitare qualsiasi manifestazione pubblica di affetto o rabbia.
Dietro il corpo camminavano sette persone e una di loro portava un mazzo di fiori gialli. Sono entrate anche tre auto dei suoi parenti prima che la polizia chiudesse l’ingresso per impedire ai giornalisti in attesa di seguirla. Non c’era servizio religioso.
Tra i presenti c’era la figlia di Messina Denaro, Lorenza Alagna, che egli incontrò solo dopo il suo arresto. Erano presenti anche le due sorelle e il fratello del mafioso.
Messina Denaro, 61 anni, è stato condannato per numerosi reati, tra cui aver contribuito all’omicidio dei procuratori antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel 1992, omicidi che sconvolsero l’Italia e scatenarono un’ondata di repressioni contro la mafia siciliana.
È stato anche responsabile degli attentati che hanno ucciso 10 persone a Roma, Firenze e Milano nel 1993, e ha contribuito a organizzare il rapimento del dodicenne Giuseppe Di Matteo per dissuadere suo padre dal testimoniare contro la mafia.
Il ragazzo fu tenuto prigioniero per due anni, poi ucciso e il suo corpo sciolto nell’acido.
Il sindaco di Castelvetrano, Enzo Alfano, ha criticato aspramente Messina Denaro, affermando che ha offuscato la reputazione della città e paralizzato l’economia locale.
“Ci vorranno decenni prima che possiamo porre fine alla cultura, a volte dilagante, dell’illegalità e dell’impunità che lui, i suoi seguaci e altri prima di loro hanno coltivato per così tanto tempo”, ha detto Enzo Alfano alla stampa all’inizio della settimana.