Da Roma, Murad Al-Ruwaigy A due mesi dalla vittoria della destra in Italia e dal suo arrivo a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni, i circoli diplomatici con sede a Roma stanno osservando gli inizi delle loro scelte in politica estera, e sono loro che, in campagna elettorale, ha spesso accennato all’influenza della penisola sulla scena internazionale, ed è stata costretta, anche adesso, ad affrontare le questioni più urgenti, dedicando i suoi primi giorni all’adozione di una legge finanziaria che rispetti gli obblighi del suo Paese, sia a livello macro-finanziario livello che nel quadro. Dal piano di rilancio post pandemia, che i suoi predecessori hanno strappato alle autorità europee.
Sta affrontando le ripercussioni della guerra in Ucraina dove sostiene Kyiv, un conflitto che continua a dissanguare l’economia italiana, oltre ad alcune promesse in questa direzione che le sono valse i primi attriti tra il suo governo ei suoi partner europei.
Tuttavia, è giunto il momento per Georgia Meloni, all’inizio del 2023, di rivelare alcuni dei suoi indirizzi strategici in politica estera per il prossimo quinquennio.
In primo luogo, Giorgia Meloni ha assicurato a Washington che avrebbe gareggiato con Londra, Madrid e altre capitali per il titolo di “alleato fedelissimo”. Anche se la sua scelta di recarsi a Bruxelles nel suo primo viaggio all’estero da capo del governo ha portato a credere in un riequilibrio.
Vuole infatti rassicurare l’opinione pubblica e gli osservatori internazionali – politici ed economici – sulla reciproca e incerta accettazione tra il nuovo esecutivo italiano e le istituzioni europee, dopo i pochi ma disastrosi precedenti dei governi di destra. Estremo negli Stati membri, un’esperienza simile a quella dell’Austria di Wolfgang Schüssel dell’FPO.
Il secondo obiettivo, sempre di carattere simbolico e politico, riguardava invece il posizionamento dell’Italia nello scacchiere continentale e in particolare la volontà di non farsi schiacciare dalle alleanze europee del suo partito, Fratellanza d’Italia, con la Polonia. e l’Ungheria, entrambe attualmente in contenzioso, per tornare a una posizione più tradizionale, degna dello Stato fondatore dello spazio comune europeo.
Proprio su questo punto, Giorgia Meloni dovrà stare molto attenta, soprattutto se vuole evitare provvedimenti controversi che potrebbero portarla ad avvicinarsi troppo ai governi politicamente clientelari di Ungheria e Polonia, che guidano il campo, dicono i sostenitori della sovranità o Euroscettici.
Per quanto riguarda il Mediterraneo, sembra che gli incontri bilaterali del premier nel corso della ventisettesima COP con i suoi omologhi algerini ed egiziani, e quello con il presidente turco Erdogan a margine del vertice G20 di Bali, stiano convergendo su due priorità argomenti per la nuova autorità esecutiva, che è il risparmio energetico e il controllo. le pressioni migratorie Resta da vedere se queste priorità sono viste in questo modo ad Algeri, Ankara e Il Cairo. Perché, ipso factoLe sue promesse, fatte durante la campagna elettorale, di imporre un blocco navale sulla costa libica per fermare il flusso di immigrati si scontrano rapidamente con la realtà: influenza turca a Tripoli e influenza francese a Tobruk, rivelando allo stesso tempo che c’è spazio per manovra, soprattutto se abusa degli effetti di una pericolosa propaganda, che rischia di ridursi a favore di quegli altri attori della regione.
Ciò è rafforzato dalle priorità di politica estera del governo Meloni: Washington prima, poi Bruxelles, e il Mediterraneo al terzo posto.
Oltre alle immediate vicinanze, l’altro capitolo prioritario per il nuovo inquilino di Palazzo Chigi è quello del Mediterraneo orientale, anche nella sua versione balcanica. In questo spazio geostrategico i protagonisti sono Francia ed Egitto, ma soprattutto la Turchia, che afferma le sue relazioni privilegiate con la Bosnia Erzegovina, l’Albania, il Kosovo e la Macedonia del Nord.
È probabile che l’aumento dell’attività in quest’area a Cipro e nel Mar Egeo e l’esplorazione di gas porti a una presa di posizione su queste questioni controverse e il conseguente potenziale per far arrabbiare uno o più di questi attori.
Inoltre, è evidente che un governo politicamente coeso a Roma – una novità rivendicata da Giorgia Meloni – potrebbe portare a correre dei rischi, ma a condizione che sia garantita la più ampia copertura europea possibile.
Sul piano bilaterale, infine, la gestione dell’asse Algeria-Roma è stata nelle mani dei presidenti dei due Paesi, Abdelmadjid Tebboune e Sergio Mattarella, che si sono aggiunti all’assoluto sostegno del mondo economico al partenariato strategico concluso tra i due paesi. Dovrebbe consentire ai due governi di proseguire l’attuazione del programma comune, senza ostacoli, in tutti i campi ea tutti i livelli.
Il capo
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