Qual è la natura della connessione tra il mondo empirico e il suo arsenale legislativo, le sue leggi fisiche? La prima via consiste nel considerare che le leggi fisiche sono prodotti del ‘pensiero’, almeno inseparabili da esso. Ma quale pensiero? Chi è quell’umano, che è solo una piccola parte dell’universo? Ma allora, come può questo – il nostro pensiero – cogliere la struttura dell’insieme che contiene? E in che modo le leggi della fisica potranno partecipare sia al mondo che stai costruendo sia al pensiero che compone questo mondo?
Due tipi di universo
Per risposta si può scegliere di distinguere, al di là di un certo Spinoza, due tipi di universo. o piuttosto lo stesso universo da darsi in due modi diversi: da un lato, l’universo come concepito sotto la proprietà dell’estensione, cioè nella sua estensione spaziale; D’altra parte, l’universo come concepito sotto l’aggettivo di ragione, cioè obbedisce all’ordine ragionevole delle leggi eterne. In altre parole, ci sarà, da un lato, un universo fisico e spaziale e, dall’altro, un mondo statutario contenente leggi, principi e regole accessibili al pensiero. Ma se scegliamo di fare questa ipotesi, torniamo sempre alla stessa domanda: come comunicano queste due modalità di esistenza dell’universo?
Leggi fisiche eterne e perfette, completamente indipendenti dal nostro universo?
Si potrebbe anche considerare, come un certo Platone, l’esistenza di leggi fisiche eterne e perfette, che sarebbero del tutto indipendenti dal nostro universo e che ne sarebbero solo un’immagine animata e imperfetta. Il nostro universo sarà in un certo senso un’eco fisica degenerata della purezza matematica che manterrà sotto il suo controllo. Ma se è così, e se non si crede all’esistenza di un difetto come quello citato in Timeo, come riesce il mondo delle idee a strutturare il mondo dei fenomeni “a distanza”?
Se notiamo il tipo di conflitto che esiste tra la storicità dell’universo e la continuità delle sue leggi, quale di questi percorsi sembra più rilevante? A prima vista, questa opposizione incoraggia l’idea che le leggi fisiche abbiano un modo di esistere molto diverso da quello delle entità del mondo naturale che ne determinano il comportamento. Infatti, l’immutabilità delle leggi fisiche non sembra concordare con l’idea di un universo chiuso in se stesso nel senso che “produrrebbe” da sé le leggi che lo governano: le leggi fisiche devono appartenere ad un altro regno , a un mondo fisso che ha il potere di agire sul dispiegarsi storico del nostro universo.
Ma questo concetto non è unanime. Alcuni fisici ritengono che l’invocazione di invarianze assolute delle leggi fisiche, che guiderebbero solo lontanamente l’evoluzione dell’universo, provenga da un presupposto metafisico che la fisica contemporanea deve scartare. In effetti, si pone la questione di ciò che le leggi fisiche, che avrebbero dovuto essere identiche a se stesse, stavano facendo dall’eternità, prima dell’avvento dello spazio, del tempo, della materia e dell’energia. Erano davvero lì, aspettando pazientemente che l’universo si prendesse la briga di apparire per renderli efficaci? Ma cosa significa aspettare quando non c’è ancora tempo? (…)
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