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L’ex campione di ciclismo muore travolto da un camion

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Davide Rebellin, “nato per pedalare”, è morto in bici mercoledì in Italia dopo essere stato investito da un camion quando era appena andato in pensione all’età di 51 anni.

Per molto tempo si è creduto che il corridore italiano, vicecampione olimpico di ciclismo su strada a Pechino nel 2008 prima di essere sopraffatto dai casi di doping e privato della medaglia, non avrebbe mai smesso di pedalare.

Appassionato, caparbio, questa piccola taglia dal fisico da uccellino implume ha continuato negli ultimi anni a scremare gare di tutto rispetto con la sua squadra di terza divisione.

“Mia moglie mi dice spesso che sono nato per pedalare. Mi vedo pedalare anche di notte, mentre dormo”, ha confidato un giorno in un’intervista per il sito specializzato Velo-Club.net.

Ha finalmente detto stop appena un mese fa, alla Veneto Classica, dopo trenta stagioni agonistiche, segnate da diverse vittorie importanti, tra cui una clamorosa tripletta nelle Ardenne (Liège-Bastogne-Liège, Flèche wallonne, Amstel Gold Race) in 2004.

Il piccolo decesso è diventato definitivo mercoledì quando è stato travolto nel comune di Montebello Vicentino, in Veneto (nord-est), all’uscita di una rotonda, da un camion che non si è fermato, senza che si sappia in questa fase se l’autista era consapevole dell’impatto.

Davide Rebellin è morto sul colpo.

Sui social molti corridori hanno reso omaggio all’italiano che, per molti di loro, avrebbe potuto essere il padre.

“Non ci posso credere. Davide Rebellin era ancora con noi domenica sera a Monaco e ha anche festeggiato la sua lunga carriera alla cena di gala” al criterium di Monte-Carlo, ha reagito John Lelangue, direttore generale del team Lotto-Soudal.

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Anche Christian Prudhomme, direttore del Tour de France, ricorda commosso di aver stretto la mano all’italiano in questa occasione.

“Oggi è un giorno di infinita tristezza per chi ama il ciclismo”, hanno reagito gli organizzatori del Giro d’Italia.

Questa tragica fine suggella un destino che, al di là delle vittorie – Liegi-Bastogne-Liegi, tre volte Freccia vallone, Amstel Gold Race, Clasica San Sebastian, Parigi-Nizza, Tirreno-Adriatico – è stato segnato dal doping.

Sospeso per due anni dopo essere risultato positivo all’EPO diversi mesi dopo le Olimpiadi di Pechino, Rebellin è diventato da tempo una figura rara per la comunità.

“Mi ha dato molto fastidio nella mia carriera”, ha spiegato ad AFP nel 2016. “Dopo la mia squalifica, ho ripreso nelle squadre piccole perché avevo la porta chiusa ovunque, soprattutto nelle grandi formazioni”.

Col passare degli anni, però, era riuscito gradualmente a togliersi quell’etichetta di emarginato per guadagnarsi il rispetto attraverso la sua passione per il ciclismo e anche la sua gentilezza.

La sua straordinaria longevità, l’italiano l’ha spiegata con il suo gusto per la fatica e l’allenamento, il suo stile di vita – niente carne rossa, dieta senza glutine – ma soprattutto la sua passione intatta, anzi decuplicata negli anni.

“Sono contraddittorio, più avanzo negli anni e più mi sento giovane”, ha detto quello che aveva già 33 anni quando realizzò la sua celebre tripletta nelle Ardenne, che solo il belga Philippe Gilbert riuscirà a realizzare ripetere nel 2011.

Rebellin ha rischiato di fermarsi per la prima volta nel 2021. Ma dopo una grave caduta, con conseguente doppia frattura della tibia del perone, l’italiano ha spiegato di non voler riattaccare per un infortunio.

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Ha quindi continuato per un’altra stagione, fino a quando il suo destino è cambiato mercoledì sulle strade di Montebello Vicentino.

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