Marc-Antoine, Jacques e Charles, belle persone nel profondo delle parole… Primi nomi che hanno dato vita a brillanti espressioni italiane, piene di storia da conoscere, da usare al meglio!
Nel corso dei secoli, molte persone si sono depositate, volenti o nolenti, in fondo alle parole, un uomo nella salsiera (Louis Béchamel), un amministratore nell’elenco (Sébastien Bottin) o, addirittura, un prefetto della spazzatura (Eugene Poubelle) . E anche, ben presto fatto bene, in fondo alle parole di altri: i francesi hanno abbandonato un vecchio scienziato barbuto nel bicchiere di latte degli italiani (pastorizazionedi Pasteur) e gli Italiani, pittore veneziano nei nostri piatti di carne cruda (carpaccio, di Vittore Carpaccio). A volte, i passeggeri clandestini della lingua si perdono nella profondità del tempo e non ne vediamo più una goccia. Ecco, appunto, chi cade da questo cagnolino di nome carlino (carlino in italiano) se lo scuotiamo un po? Il Carlino originale ma questa volta tutto umano, soprannome dell’attore italiano Carlo Bertinazzi, famoso a Parigi per le sue interpretazioni di Arlecchino. Certo, ma cosa ha spinto l’artista a dare il suo nome al cagnolino? Il muso nero dell’animale somigliava così tanto alla sua maschera nera di Arlecchino che il passaggio finisce per imporsi: Arlecchino, carlino, carlino. Facile come una torta.
il marcantonio, letteralmente marc-antoine (è un nome comune, dimentichiamo le lettere maiuscole), descrive un gentiluomo muscoloso che ispira prudenza e rispetto più o meno vincolati. La paternità della parola andrebbe a Marc Antoine, corposo e bel busto, romano amante di Cleopatra. Un bel pedigree rispetto al nostro marcantonio a noi, il molto prosaico guardaroba a specchio o guardaroba normanno, in omaggio al mobile delle nostre nonne così massiccio e pesante che ci volle tutta la famiglia per spostarlo. Ebbene, il forte ha la sua immagine, ma cosa si dice del forte? In italiano tutto avviene naturalmente, il marcantonio diventa femminilizzato marcantoniaa volte sotto forma di bellissimo pezzo di marcantonia (bella ragazza) e il gioco è fatto. In francese, essendo l’armadio già femminile, tutto doveva scorrere naturalmente. Oh no. Secondo alcuni dizionari, il guardaroba specchiato riguarda solo gli uomini, il guardaroba normanno, a volte, entrambi i sessi. Infine, sia chiaro, la parola non c’è.
Fai il Jacques contro “Make Jacques Jacques” (fare giacomo giacomo)
In Italia, quando sei spaventato o molto stanco, inizi fare giacomo giacomo, letteralmente “fare jacques jacques”. È perché, fede di uno scheletro italiano, quando hai il tremore, non puoi impedire che rotule, femori, tibie si scontrino in uno scatto frenetico di giac giac… Dove giacomo giacomoper analogia con il nome e forse per sdrammatizzare l’emozione o la stanchezza.
In italiano antico, la relativa espressione onomatopeica tariffa lappe lappe risuonava il movimento delle natiche di chi cammina o ha paura. Stupendo. E se chiedessimo agli italiani di aggiornarlo? Lo scheletro francese, intanto, piuttosto trattenuto e appiccicato come noi, produce solo un glagla dalla fine delle ossa che, del resto, dal fumetto non è mai tornato alla minima espressione.
Questo giac-giacomo potrebbe provenire anche da una rivolta di contadini portatori del Jack (che ha dato giacca in francese e giacca, giacca, in italiano) indumento corto e ruvido. Eccolo: quando si sono trovati faccia a faccia con i loro oppressori, i poveri hanno cominciato a flagellare ovunque. La storia, spietata, ne ha perpetuato il ricordo nel linguaggio facendo dire il Jacques, non di essere orgoglioso o coraggioso, ma stupido o vile.
Farne più di Carlo in Francia (Fare più di Charles in Francia)… Ma cosa vogliono dire gli italiani?
Se gli italiani dicono che ci vestiamo o lavoriamo o cuciniamo o altro vai carlona (letteralmente à la Charles), questo non è un complimento: significa “in movimento mentre ti spingo”. Una piccola vanga contro Carlo Magno, Carlomagno (talvolta chiamato Charlon, Carlone), che non si fermò mai, combatté mille battaglie, cambiò moglie sei volte ed ebbe una ventina di figli. Sbalorditi da questa forza della natura, gli italiani la consacrarono un’altra volta in un elogio all’iperattività imperiale con farne più di Carlo in Francia (letteralmente fare più di Charles in Francia) per “sfoggiare tutti i colori”. E, per effetto di contraddizione o di derisione, le attribuivano un rivale linguistico minore, un certo Bertoldoun contadino rozzo ma intriso di buon senso dai racconti popolari, che ha dato farne più di Bertoldo in Franciae un bertoldo da usare da solo per qualificare l’uomo semplice e astuto.
Non chiuderemo il nostro catalogo senza un cenno del capo Pantalonivecchio lussurioso in mutandine lunghe dal commedia dell’arte. Sì, cari tutti, cari tutti, si sussurra tra i linguisti che c’è un intruso nei nostri pantaloni e che sono gli italiani a mettercelo. È solo una storia di parole, direte voi, ma fa comunque un piccolo effetto…
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