Lo dobbiamo a Valerie, proprietaria di Tello Koto (“Under the Sun” in Mandinka), un documentario che ha recentemente co-diretto con Sophie Bachele, incontrata per caso nel 2017 durante un festival. Il film è stato proiettato venerdì sera a Caturza alla presenza di numerosi telespettatori, principalmente di associazioni umanitarie, tra cui la SOS Méditerranée.
Per il giovane Casamansi Yankoba Baghi il sogno dell’Europa si è fermato bruscamente nel sud della Tunisia, dopo aver tentato di attraversare il Mediterraneo dalle coste libiche. Un anno e mezzo di vagabondaggio per le strade segrete dove ha rischiato più volte la vita, pericolosamente intrappolato tra ladri e trafficanti.
Un film crudo ma essenziale
“Tilo Koto” è la storia di un uomo bruciato nel corpo e nell’anima attraversando l’inferno che sorgerà attraverso la pittura. Un film grezzo ma essenziale che ci ricorda quanto l’arte possa essere calmante ed edificante.
Valerie Malik è d’accordo: dietro i numeri vaghi e imprecisi di coloro che rischiano la vita cercando di percorrere la pericolosa strada che porta all’Europa, ci sono esseri fatti di carne e ossa. Alla fine del viaggio c’è “Morte, Prigione o Italia”, il regista identifica dopo lo spettacolo. In breve, il suo esatto film è stato tratto dalla mancanza di differenziazione nelle statistiche sull’immigrazione. “Raccontando la sua storia, Yankuba darà un senso a chi ha sofferto. È un personaggio forte e sensibile in cui tutti possono ritrovarsi”.
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